Nonostante i “ripensamenti” dell’Europa, il passaggio alla mobilità elettrica sarà inesorabile per un certo tipo di trasporti come la mobilità leggera e media, a breve percorrenza, della logistica dell’ultimo miglio, per macchine d’opera e di lavoro, tra i quali rientrano a pieno titolo i mezzi per l’igiene urbana e la raccolta dei rifiuti, senza compromettere l’aspetto produttivo e occupazionale dell’Europa e dell’Italia.
La decisione della Commissione europea di rinviare lo stop previsto a partire dal 2035 delle vendite di veicoli a trazione endotermica ha aperto la discussione tra favorevoli e contrari. In particolare, tra no all’elettrico e sì all’elettrico. In realtà posizioni radicali, di entrambe le parti, non paiono condivisibili. Se ha stupito il cambio di decisione di alcuni stati (tra cui l’Italia) che inizialmente avevano espresso parere positivo, è anche condivisibile la posizione del Governo italiano e cioè che una transizione sostenibile deve essere pianificata per evitare ripercussioni negative sotto l’aspetto produttivo e occupazionale e che gli Stati devono poter scegliere la via migliore per ridurre le emissioni e non escludere vie diverse dall’elettrico.
Bene. Però pare più giusto distinguere tra i diversi utilizzi dei veicoli o, meglio, tra i diversi tipi di mobilità, in particolare per percorrenza, per tipo di trasporto, ecc. E’ indubbio che su lunghe percorrenze su gomma (che siano di autoveicoli per il trasporto di persone o di camion per il trasporto di cose) il full-electric rischia di essere poco competitivo, soprattutto per i sistemi ed i tempi di ricarica. Ma è altrettanto indubbio che su brevi percorrenze di autovetture e di mezzi leggeri per il trasporto di cose il full-electric è nettamente in vantaggio su tutti i fronti di convenienza: economica, ambientale, ma anche produttiva, occupazionale e sociale, senza compromettere le prerogative dell’Europa e dell’Italia.
Vediamo come.
Molte aziende italiane hanno iniziato da oltre un anno a intraprendere questo percorso e molti settori sono pronti a una rivoluzione della mobilità proprio in chiave “full Electric”: parliamo di aziende che si occupano di logistica dell’ultimo miglio e quindi di trasporti pianificati su percorsi standardizzati e di volumi di materiale noto e programmabile (pacchi, rifiuti del porta a porta, alimenti etc.).
La tecnologia dei veicoli elettrici, in particolare le batterie che permettono a tali veicoli determinate percorrenze e capacità di carico alla luce delle limitazioni di massa dettate dal Codice della Strada, ad oggi ha permesso lo sviluppo di modelli di veicoli leggeri e medi (parliamo delle categorie di veicoli fino alla N2, quindi < 12 t) le cui performances sono tali da non richiedere compromessi o modifiche sui servizi come svolti dagli equivalenti veicoli endotermici.
Anzi, a parità di prestazioni, i veicoli a trazione elettrica di tali categorie, oltre ai noti benefici ambientali portano anche a consolidati benefici economici legati ai risparmi sia per le manutenzioni che per l’alimentazione: se per percorrere 100 km un’auto tradizionale consuma circa 5 litri di carburante per un costo totale di circa 9 €, un’auto elettrica consuma circa 13 kWh con un costo di circa 4,5 €, quindi la metà!
Tale risparmio cresce ulteriormente se si inserisce il veicolo all’interno di uno schema integrato di infrastrutture per la produzione di energia solare. Non si tratta di utopie ma di configurazioni ad oggi realizzabili per tutte le realtà produttive che hanno disponibilità di aree (ad esempio capannoni, parcheggi) dove possono installare un impianto fotovoltaico e le stazioni per la ricarica dei veicoli.
Si sente parlare spesso dell’impronta ambientale del processo di produzione dei veicoli elettrici millantando emissioni di CO2 persino superiori a quelle legate alla combustione di carburanti fossili, nella realtà esistono studi da ormai diversi anni che provano l’esatto contrario: secondo uno studio curato dalla DG Climate Action della Commissione Europea le emissioni di CO2 nell’intero ciclo di vita di un’auto elettrica (dalla produzione all’utilizzo fino allo smaltimento), dato il mix elettrico medio europeo, sono del 55% inferiori rispetto a quelle di un veicolo endotermico di pari peso e potenza alimentato a benzina, e del 47% inferiori nel caso di un veicolo diesel. Queste differenze aumentano ulteriormente in uno scenario di incremento della generazione elettrica da fonti rinnovabili.
Approfondendo gli aspetti legati alla fine vita utile del mezzo elettrico, in particolare delle loro batterie, si apre una interessante opportunità di business per l’Europa e l’Italia: lo studio svolto da Motus-E, Strategy& e Politecnico di Milano, quantifica in 400-600 milioni di euro l’anno i potenziali ricavi legati al recupero delle batterie delle auto elettriche che si trovano già sul territorio nazionale. Oltre a dare vita a un’articolata filiera tutta nuova, con tutti i benefici economici, occupazionali e ambientali collegati, riciclare queste batterie vuol dire anche rendersi più indipendenti sull’estrazione e la lavorazione delle relative materie prime, potendo fare leva su risorse presenti “in casa” e già raffinate, pronte per essere reimmesse nel processo produttivo.
In definitiva, il passaggio alla mobilità elettrica sarà inesorabile soprattutto per la mobilità leggera e media, a breve percorrenza, della logistica dell’ultimo miglio, su percorsi standardizzati, di volumi di materiale noto e programmabile, di macchinari d’opera e di lavoro, tra i quali rientrano a pieno titolo i mezzi per l’igiene urbana e la raccolta dei rifiuti.
Nell’immagine, l’autocarro LV5e full-Electric a Napoli, il mini-compattatore full-electric LC5e a Sant’Ambrogio di Torino e il triciclo full-electric LV2e a Firenze